Quali tessuti causano dermatiti e problemi alla pelle?

2022-08-03 09:47:21 By : Ms. Winni Qiu

I capi d’abbigliamento possono nuocere alla salute e alla pelle, provocando dermatiti.

Se ti dicessi che l’8% delle dermatiti è provocato da ciò che indossiamo, ci crederesti? A rivelarlo è uno studio della Commissione europea. I responsabili delle reazioni allergiche ad un certo tessuto sono, nella maggioranza dei casi, gli agenti chimici con cui le fibre sono trattate. Queste sostanze rappresentano un vero e proprio pericolo per la nostra salute. La moda ci offre capi dai colori sgargianti realizzati con tessuti di ogni tipo, ma non sempre quello che piace agli occhi fa bene alla pelle.

Negli ultimi anni, sono aumentate le dermatiti irritative causate dai tessuti. I capi sotto accusa sono quelli che presentano coloranti dispersi, in grado di penetrare facilmente nella nostra cute. Siamo sempre attenti a ciò che mangiamo, a ciò che beviamo, alle creme che ci spalmiamo, all’aria che respiriamo, ma spesso non ci preoccupiamo dei rischi a cui possiamo andare incontro a causa degli abiti che indossiamo.

Come scegliere un capo d’abbigliamento? Cosa scartare quando facciamo shopping? Si consiglia sempre di guardare l’etichetta e verificare la composizione del capo e la presenza di coloranti. In genere, i capi più scuri (nero o blu) possono contenere tracce di metalli pesanti come il nickel. È buona norma lavare sempre con cura i nuovi acquisti prima di indossarli. Potrai notare che con i primi lavaggi i colori più scuri si “scaricano”. Oltre ai capi d’abbigliamento, dovresti prestare attenzione anche a lenzuola, tovaglie e biancheria da bagno. Se vuoi saperne di più su quali tessuti causano dermatiti e problemi alla pelle?, prosegui nella lettura di questo articolo.

L’industria tessile adotta oltre duemila sostanze chimiche e tra queste gran parte sono tossiche per l’ambiente e per la nostra salute. Durante il processo produttivo, dalla pittura dei tessuti al lavaggio fino alla loro finitura, queste sostanze si disperdono nell’ambiente, contribuendo ad inquinare tutto ciò che ci circonda. Poi, si accumulano negli organismi viventi fino ad arrivare nella nostra catena alimentare. Molte sostanze restano sul capo d’abbigliamento finito e messo in vendita così giungono a contatto con la nostra pelle con il rischio di aumentare la percentuale di tumori, scatenare allergie, incidere sul sistema ormonale e riproduttivo.

La dermatite da tessuto causa la comparsa di prurito, puntini, gonfiore, arrossamento e, talvolta, essudazione (perdita di liquido) o secchezza della pelle. Si localizza nei punti in cui si ha maggior contatto del tessuto con la pelle come le ascelle, l’incavo delle braccia, il solco sotto i seni, il collo, l’inguine e l’interno coscia.

La dermatite da tessuto si manifesta con più frequenza durante la stagione estiva. Caldo, sudorazione e sfregamento contribuiscono al rilascio e all’assorbimento di sostanze chimiche dei tessuti e dei colori dispersi. Tra i più colpiti troviamo donne e bambini, specie se in sovrappeso. In presenza di questi sintomi si consiglia di rivolgersi ad un dermatologo che potrà accertare la causa del disturbo attraverso test specifici. Il medico potrà prescrivere antistaminici da assumere per bocca o creme a base di cortisone da spalmare localmente sulla zona interessata.

Come alleviare il prurito? Puoi effettuare impacchi con acqua e amido di riso. È risaputo che l’amido possiede proprietà lenitive.

L’uso di sostanze chimiche in Europa deve rispettare il regolamento REACH, ma ciò vale esclusivamente per quello che viene prodotto all’interno dei confini dell’Ue. Dalle segnalazioni del Rapex, il sistema di allerta rapido europeo, dai Paesi extra-Ue, e in particolare dalla Cina, arriva oltre il 50% di prodotti pericolosi. In teoria, basterebbe leggere sull’etichetta la provenienza “Made in…”, ma in realtà non è proprio così perché è sufficiente realizzare anche solo poche lavorazioni in un paese per associare a quello la sua derivazione scrivendo ad esempio “Made in Italy”.

Come risolvere il problema? Richiedere l’eliminazione delle sostanze tossiche dalla catena di produzione e dai prodotti in commercio. Greenpeace ha promosso la campagna Detox con cui invita i brand a mettere in pratica una politica di rispetto dell’utilizzo della chimica che non impieghi composti tossici, stabilendo realistiche scadenze entro cui eliminarli, e suggerisce la pubblicazione dei dati inerenti l’eliminazione delle sostanze pericolose, garantendo il diritto di informazione.

I capi d’abbigliamento possono essere realizzati ricorrendo all’uso di diversi materiali a partire da quelli di origine naturale a quelli sintetici. Ci sono capi che presentano la combinazione di entrambi. Non esiste una fibra migliore o più sicura in modo assoluto, perché le sostanze chimiche possono essere aggiunte in qualsiasi fase del processo produttivo, addirittura durante la fase di stiratura.

I vestiti con colori tenui sono a minor rischio. È preferibile non indossare per lungo tempo quei capi con colori accesi o stampe e, se possibile, conviene evitare il contatto diretto con la pelle. I composti più rischiosi sono i coloranti azoici e quelli dispersi.

Quali sono i materiali a rischio? Alcune fibre come i tessuti sintetici (nylon, elastan, filanca, lycra, acrilico, poliammide, poliestere, polipropilene) con i quali si realizzano abiti, costumi da bagno, collant, lingerie e intimo, possono scatenare reazioni allergiche, in quanto impediscono la traspirazione. Così il sudore irrita la pelle. I tessuti sintetici non trattengono le molecole dei coloranti, perciò possono scolorire lasciando residui chimici sulla pelle e causando allergie.

Le fibre naturali come il cotone, la seta ed il lino hanno una maggiore capacità di “legare” queste molecole di colore e quindi il rischio di una possibile irritazione è minore. Per quanto riguarda i tessuti tecnici, questi possono contenere metalli pesanti: piombo o nickel.

Si riscontra un maggiore rischio con i colori scuri e cangianti, con gli inserti dorati o argentati e con le paillettes. Le stampe, soprattutto quelle in rilievo, possono contenere ftalati. I tessuti che non si stirano possono contenere tracce di formaldeide che irrita la pelle e le vie respiratorie.

Comportamenti che riducono i rischi sono:

I tessuti possono essere rifugio di pericolosi batteri, funghi, virus o altre sostanze chimiche nocive. I vestiti dovrebbero essere sempre lavati prima di essere indossati, perché oltre al rischio di contenere sostanze tossiche e formaldeide, c’è la possibilità che possano ospitare batteri o virus lasciati su di essi da altre persone che in precedenza li hanno già provati. Virus come il raffreddore e l’influenza possono sopravvivere su tessuti e superfici fino a 48 ore. Avresti mai pensato di rimanere contagiato/a dopo aver misurato un indumento? Anche con le scarpe nuove, esposte a lungo e provate da altre persone, c’è il rischio di essere infettati da un fungo.

Il tallone d’Achille della biancheria intima è la scarsa resistenza del colore al sudore. Ciò può provocare reazioni indesiderate, soprattutto se sono presenti coloranti azoici e dispersi che sono fortemente pericolosi e allergizzanti. Senza dubbio, il rischio aumenta con la scelta dei colori scuri e sgargianti. Prima di utilizzarli, è bene lasciarli in ammollo in una bacinella con acqua tiepida e detersivo, in modo da favorire il rilascio di colore. Dopodiché, occorre cambiare l’acqua ripetutamente e immergerli di nuovo fino a quando non ci sono più perdite di colore. In ogni caso, è meglio preferire colori chiari. Evitare capi intimi realizzati con fibre sintetiche e reggiseni con decori in rilievo e pendenti che potrebbero contenere metalli pesanti come piombo e nickel.

Le stampe in rilievo e con colori accesi presenti sui pigiamini, sulle tutine, sui bavaglini e sui body dei bambini, sebbene in cotone, potrebbero contenere sostanze a rischio come coloranti azoici, coloranti dispersi, idrocarburi policiclici aromatici e ftalati. La conferma arriva dalle segnalazioni Rapex.

Quindi, bisogna prestare attenzione affinché i bimbi non li mettano in bocca. Si consiglia di evitare laccetti, scegliere colori tenui senza stampe, con bottoncini in plastica e non in metallo.

Per modellare e realizzare prodotti in gomma e plastica vengono adottate molte sostanze chimiche, solventi e additivi, ecc. In alcuni test, su prodotti di questo tipo sono state rinvenute tracce di benzene, piombo, nickel, nonilfenolo e dicloroetano (cancerogeno, nocivo e irritante per le vie respiratorie) e di ftalati. Questi ultimi sono ritenuti dannosi perché colpevoli di alterare il sistema endocrino, dunque lo sviluppo ormonale.

Se decidi di indossare accessori in gomma e plastica, dopo averli tolti dal loro involucro originale, il consiglio è di lavarli a mano con acqua e detersivo ed esporli all’aria aperta per almeno due giorni prima del loro utilizzo così da rimuovere alcune sostanze nocive.

Nel settore della pelletteria, sono state registrate segnalazioni di rischio chimico sul Rapex che riguardano la presenza di cromo IV, rilasciato gradualmente nell’abbigliamento in pelle e in accessori come scarpe, guanti e borse. Si consiglia di evitare di indossare capi in pelle a contatto diretto con il corpo e non usare le scarpe in pelle senza calze. Il cromo usato nella concia del cuoio può dare origine al cromo esavalente che è cancerogeno e, pertanto, dal 2016 è limitato in Europa. Addirittura, anche scegliendo la pelle sintetica potresti andare incontro a dei rischi perché, per renderla morbida al tatto proprio come quella vera, possono essere utilizzati ftalati.

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