Candiani, il denim circolare si fa a Milano: «In dieci anni produrremo un jeans su due biodegradabile»- Corriere.it

2022-08-14 05:50:18 By : Ms. Tracy Gu

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L’ultima azienda rimasta in Europa a produrre denim «verticalmente» (cioè seguendo tutte la fasi che portano alla nascita del tessuto) è anche l’unica ad aver ideato e realizzato un jeans stretch al 100% biodegradabile. Un primato nella storia del «bleu de Gênes», come veniva chiamato il fustagno, una delle molte merci che nel sedicesimo secolo approdavano a Londra dalla Repubblica Marinara di Genova. Gli inglesi lessero Gênes come “jeans” coniando il nome internazionale della tela che ha poi conquistato il mondo. Tra passato e futuro del denim si dipana la storia di Candiani, nata nel 1938 a Robecchetto con Induno, a pochi chilometri da Milano, come tessitura di abiti da lavoro, e diventata un’azienda da oltre 100 milioni di fatturato e circa 650 dipendenti. Dal classico «casa e bottega» lombardo, oggi Candiani si estende su 200 mila metri quadri nel Parco del Ticino, con due stabilimenti — sempre lì, in quella fetta di territorio protetto — e due laboratori di ricerca, di cui uno a Los Angeles.

Dal Parco del Ticino alla Levi’s

Gli Stati Uniti sono la seconda casa di questa eccellenza italiana che lavora principalmente con il b2b e ha come primo cliente il «brand dei brand» in fatto di jeans, Levi’s, seguito da Hugo Boss e dagli altri marchi, tutti notissimi, da Stella McCartney a Dondup , a cui forniscono denim di alta qualità al 100% made in Italy. «L’anno scorso abbiamo prodotto 20 milioni di metri lineari di denim — fa i conti Alberto Candiani, presidente e quarta generazione della famiglia azionista unica del gruppo, che comprende anche una società di marketing e comunicazione — che hanno dato vita a 15 milioni di capi, di cui almeno tre milioni hanno il co-branding Candiani, un ingrediente che al nostro cliente piace evidenziare proprio per la garanzia di qualità e per le sue caratteristiche». Una storia già vista con altre eccellenze tricolori, come le suole di Vibram di Varese. «Nei primi anni di vita dell’azienda, fondata dal mio bisnonno Luigi, i tessuti venivano caricati su un carretto e portati a Milano, per venderli al mercato — spiega Candiani —. Poi il nonno Primo ebbe l’idea di verticalizzare la produzione: erano gli anni Cinquanta e cominciammo a occuparci di tutto, dalla filatura alla tintura alla tessitura e finissaggio. Quando nel 1974 venne istituito il Parco del Ticino, non cambiammo sede, ma ci adeguammo alle nuove regole, cogliendo l’occasione per efficientare tutti i nostri processi».

È il seme di quell’approccio «circolare» e più consapevole di cui Candiani si è fatto portavoce e testimone nel mondo della moda, una delle industrie più energivore, osservata speciale per i suoi modelli di sovraproduzione consumo «fast» ad alto impatto per l’ambiente. Un percorso di lunga data che ha trovato il culmine nell’innovazione di Coreva, tecnologia che utilizza un filato vegetale, ricavato dalla gomma naturale, in sostituzione dei filati sintetici , altamente inquinanti perché ottenuti dal petrolio, senza compromettere qualità, elasticità e durabilità del jeans. Ci sono voluti cinque anni di ricerca per ottenerlo. «Questo elastomero naturale si può riciclare per ottenere nuova fibra, è biocompostabile e utilizzabile come fertilizzante per il cotone: abbiamo scoperto che ha proprietà fitostimolanti — spiega Candiani —. Oggi Coreva rappresenta il 5% della nostra produzione, a tendere in dieci anni lo vogliamo portare al 50%, con la restante metà in cotone».

Ai brand questa innovazione premium e sostenibile piace, fermo restando il tema del costo, ovviamente superiore a quello di un metro di denim tradizionale. Ma il mercato è ricettivo e l’imprenditore non ha dubbi, la direzione da seguire è questa. Anche in periodi di inflazione e crisi. «Oggi un metro di denim è passato da 6 a 7,25 euro al metro, i nostri principali concorrenti, i turchi, hanno aumentato ma poco oltre i 4 euro. C’è un impatto sul prezzo finale, ma sul fronte delle materie prime vediamo spiragli di discesa, mentre la situazione è ancora critica per l’energia — spiega Candiani — con aumenti che saranno difficilmente sostenibili a lungo termine». Intanto, il primo semestre per l’azienda si è chiuso a più 45% fronte ricavi e più 20% sui volumi. «Stiamo investendo sul cotone italiano ed europeo, e guardo con attenzione al cotone prodotto attraverso agricoltura rigenerativa — spiega i suoi piani l’imprenditore —. Ci stiamo impegnando anche per risparmiare acqua: abbiamo puntato su una tecnologia a ultrasuoni che permette di preservare il 50% delle risorse idriche utilizzate per lavare il filo».

Il primo negozio in Italia di jeans su misura

A corollario della strategia sulla sostenibilità, per Candiani un altro importante capitolo è l’affaccio al b2c. Il primo step è stata l’apertura a Milano, in una delle piazze più belle del centro storico, piazza Mentana, del primo negozio italiano di jeans su misura. «Qui vendiamo tutti i marchi con cui collaboriamo e i capi realizzati con Coreva — spiega Candiani —. Ma la peculiarità è la micro factory in cui le nostre maestranze realizzano il jeans su misura». Si parte dalla scelta del tessuto, allo stile, ai dettagli: dai bottoni alle finiture. «I fornitori sono tutte aziende italiane che condividono la nostra filosofia di alta qualità, sostenibilità e durabilità, e i tessuti arrivano dalla nostra fabbrica, a 37 km dal centro di Milano — completa il quadro l’imprenditore —. Anche l’investimento tecnologico è alto: in totale siamo sui due milioni di euro». Ma anche in questo caso, Candiani non ha dubbi. «Con otto paia di jeans al giorno andiamo a break even. E intanto prepariamo il lancio del nostro primo brand: Coreva design diventerà un marchio nel 2023». Ovviamente, nel segno della circolarità.

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