Glossario delle fibre: quali sono i tessuti più eco-sostenibili? - la Repubblica

2022-08-14 05:47:26 By : Mr. Zisa Cruz

Giornata della Terra e moda: tra i tessuti più comuni quali hanno il minore impatto ambientale? La risposta è complessa, perché occorre considerare molteplici aspetti, ma cerchiamo di fare chiarezza

Quello della "moda green" è un concetto ampio e complesso, ma per valutare il grado di eco-sostenibilità di un capo un buon punto di partenza è capire di cosa è fatto. Ogni tessuto infatti è composto di fibre il cui ciclo di vita richiede diverse risorse: da quando la materia prima viene coltivata o prodotta, ai vari trattamenti a cui è sottoposta nei passaggi intermedi, fino alla sua fine, ovvero come viene smaltito, ha un peso sull’ambiente. Ma qualcuno è più virtuoso di altri, ed ecco che imparare a conoscere i materiali è un ottimo modo di cominciare a creare il proprio guardaroba eco-friendly.

Una premessa è d’obbligo: ogni tessuto, anche quello più naturale, può diventare non-sostenibile se trattato con sostanze tossiche. “Tutti i tessuti naturali vegetali sono solo potenzialmente sostenibili. Il cotone ad esempio è una fibra che richiede moltissimi pesticidi”, commenta Laura Fiesoli del Museo del Tessuto di Prato, che di recente ha inaugurato la Textile Library, archivio che documenta l'innovazione e la sostenibilità nei tessuti contemporanei.

“Il modo per renderli più ecologici è coltivarli secondo la coltura biologica, quindi evitando pesticidi, o sostanze chimiche per la macerazione se si tratta di lino e canapa. Questi ultimi sono molto resistenti e crescono molto arricchendo il terreno, ma ugualmente esistono anche nella versione organica, che come il cotone è preferibile. E per le lane ci sono opzioni simili”, prosegue Fiesoli. “Le lane sostenibili vengono da allevamenti biologici, oppure utilizzano un prodotto di riciclo, proveniente da abiti usati o da scarti di lavorazione”. Allo stesso modo, anche il tessuto più ‘innaturale’ può considerarsi sostenibile se riciclato. “Il riciclo oggi è un concetto che si estende anche alle fibre sintetiche come poliestere da PET e nylon (incluso quello recuperato da reti da pesca)” sottolinea Fiesoli.

Inoltre, alcuni tessuti hanno un impatto potenzialmente minimo sull’ambiente, ma alto dal punto di vista dello sfruttamento animale. Spesso esistono delle formule cruelty-free o etiche degli stessi, come nel caso della sopra citata lana o della seta, così come esistono innovativi materiali che si ricavano da scarti alimentari (Pinatex e Bananatex sono due esempi), che in alcuni casi sono completamente biodegradabili, o realizzati con uso minimo di risorse. Insomma, ogni materiale ha il suo impatto, e ogni materiale ha le sue criticità: sta ai nostri valori scegliere a cosa dare la precedenza quando non è possibile avere la certezza del suo virtuosismo assoluto (che spesso, purtroppo, non è sinonimo di accessibilità dal punto di vista economico). Quella che vi forniamo è dunque una lista non del tutto esaustiva, ma una base per comprendere il grado di eco-sostenibilità delle fibre più comuni, ottenuta incrociando i dati resi disponibili da Sustain your Style e Good on You.

Lino. È un tessuto naturale che proviene dall’omonima pianta, la cui coltivazione è considerata sostenibile perché richiede pochissime risorse rispetto, per esempio, al cotone, ma il "patentino" di eccellenza nell’eco-sostenibilità lo consegue specialmente se proveniene da agricoltura biologica. Il lino può crescere anche in terreni scarsamente fertili, che non sarebbero adatti alla produzione di cibo, e ha un’alta capacità di assorbire Co2. La fibra che si ricava da queste piante permette di tessere un materiale resistente, durevole, piacevole da indossare quando le temperature si alzano. Naturalmente occorre prendere in considerazione il modo in cui il tessuto viene trattato e tinto per essere certi della sua ecologia: per essere sicuri, meglio optare per la tela naturale (la cui palette vira dall’avorio all’ecru).

Cotone biologico. Il cotone è una fibra naturale che si ricava da quella soffice peluria – la bambagia - che avvolge i semi di una particolare specie di pianta, Gossypion. Utilizzato sia dall’antichità, quello in cotone è probabilmente il tessuto più comune al mondo, ma per essere considerato sostenibile deve necessariamente provenire da agricoltura biologica. La produzione globale di cotone non è affatto green (coltivazioni OGM, abbondante uso di pesticidi e fertilizzanti, copioso uso di acqua, anche in paesi dove la popolazione ha scarso accesso alle risorse idriche) e ci sono diverse criticità che riguardano le condizioni dei lavoratori in questa filiera. Ecco dunque che il cotone è una fibra che passa il check della sostenibilità solo quando deriva da agricoltura biologica – una certificazione importante per appurarlo è GOTS - oppure quando proviene da riciclo.

Lana sostenibile. Sulla lana ci sono opinioni molto contrastanti: è infatti una fibra naturale e biodegradabile, ma l’allevamento delle pecore dalle quali si ricava è spesso poco eco-friendly (l’indice Higg, per esempio, la mette al bando). Infatti, i terreni adibiti a pascolo sono sfruttati in maniera intensiva (una modalità chiamata overgrazing, ovvero pascolo eccessivo), e portano alla desertificazione di ampie aree. Inoltre, c’è da considerare anche la criticità che riguarda il benessere animale, non sempre garantito, per usare un eufemismo. La lana dunque è sostenibile solo ad una condizione: che sia prodotta attraverso una filiera certificata – una delle certificazioni più utili in questo frangente è Responsible Wool - oppure se proviene da riciclo.

Lyocell. Da qualche anno a questa parte si è reso protagonista di diverse collezioni sostenibili, e difatti il lyocell proviene dalla cellulosa come il rayon-viscosa, ma, a differenza di questi, si ottiene tramite un processo molto più "pulito". Questo accade perché le sostanze chimiche implicate vengono utilizzate a circuito chiuso, ovvero vengono riciclate e riutilizzate in loop. A volte si trova sotto la dicitura Tencel®, che si riferisce alla versione commerciale del lyocell, brevettata dall’azienda austriaca Lenzig AG: la loro materia prima è certificata, e si tratta di legno ottenuto da piantagioni sostenibili.

Tessuti sintetici riciclati. Le fibre sintetiche più comuni – poliestere, nylon, acrilici - possono essere considerate sostenibili quando provengono da riciclo. È facile capire il motivo: tutto ciò che, anziché finire in discarica, viene riutilizzato e rimesso in circolazione, comporta numerosi vantaggi ambientali. Rimangono fibre non biodegradabili e inquinanti (la Ocean Wise Conservation Association le considera le prime cause di presenza delle microplastiche negli oceani, in particolare nell’Artico), ma proprio per questa ragione è bene utilizzarle all’infinito e non crearne di nuove. Fra l’altro, in molti casi il riciclo prevede un minore uso di risorse energetiche rispetto alla produzione della fibra vergine.